martedì 28 febbraio 2012

Letteratura e musica si incontrano ancora

Il fatto pubblico: Baricco legge Moby Dick, nell'anteprima della serata in onda il 1 marzo su RaiTunes e parte la musica elettronica. Quella degli Iron Maiden aveva incontrato la letteratura quando The Rime of the Ancient MarinerLa ballata del vecchio marinaio di S.T. Coleridge, era diventata con loro poesia in musica, violenta e romantica.

Il fatto privato: La commistione che sembra improbabile fa esplodere altre possibilità e la voglia di provarci, a sentire di più. Coleridge teorizzava la sospensione dell'incredulità per immergersi nella poesia, nel teatro... nella musica. Quella degli Iron Maiden l'ho sentita a scuola, la prima volta, un po' più tardi del 1984 quando uscì, durante la lezione di inglese che ci restituì il piacere della contemporaneità. La ballata del vecchio marinaio è del 1798.

domenica 26 febbraio 2012

Comunità di suoni

Il fatto pubblico: Per documentare parole e termini che stanno sparendo, parlati ormai solo da piccole comunità, nascono i "dizionari parlanti". Così li chiama la Repubblica in un articolo di qualche giorno fa dedicato ai risultati di un'interessante ricerca condotta dai linguisti David Harrison e Gregory Anderson, del progetto Enduring Voices curato dal National Geographic. I dizionari sono per l'esattezza otto, consultabili online, e raccolgono 32mila termini, oltre 24mila registrazioni audio di madrelingua che pronunciano parole e frasi, oltre a fotografie e oggetti culturali.


Il fatto privato: I due linguisti e il gruppo di lavoro se ne sono andati in giro a registrare, fotografare, raccogliere documenti per dare vita a dizionari digitali. Perché non facciamo lo stesso con i nostri dialetti? Conoscete iniziative che li riguardino e che da piccole possano diventare grandi e coinvolgere tutti quelli a cui stanno a cuore le sorti della nostra storia, linguistica e culturale? Io tengo al dialetto di Cervara di Roma, non puro perché sottoposto, insieme con le persone, a fenomeni di migrazione tra il Lazio e l'Abruzzo, per esempio, ma forte come le rocce del paese da cui proviene una parte della mia famiglia.

sabato 25 febbraio 2012

Sale d'attesa

Sul tempo ragionano i filosofi e scrivono poesie quelli più bravi, spesso sono donne quelle che se lo inventano.

La settimana inizia con la riunione importante, tra facce mai viste, gente agitata, ritardo di un'ora. Perché?
Mi alzo di scatto dopo finti sorrisi, attese ingannate parlando del tempo, uno stato di noia sul mondo dentro il palazzo di marmo. Imbarazzo non ho. "Mi scusi, chi stiamo aspettando da un po'?"
La collega più esperta, non viene, è impegnata, arriva, sediamoci, di cosa parliamo quest'oggi?
Mi alzo di scatto dopo finti sorrisi, attese ingannate parlando del tempo, uno stato di noia sul mondo dentro il palazzo di marmo. Imbarazzo non ho. "Mi scusi, chi stiamo salutando prima di noi'?"
Il collega più bravo, è venuto, è impegnato, se ne va, alziamoci, cos'altro diciamo quest'oggi?
Esco felice per non sentirmi di marmo, ma viva da sola per strada. La riunione continua, io sto già lavorando e la filastrocca mi viene facile.
Non mi piace perdere tempo.

La settimana prosegue a teatro, dal dentista, dentro la macchina nel traffico, nella metro che si ferma e fa fatica a ripartire, in tutte le sale d'attesa più o meno confortevoli che capita di frequentare. Inutili le riviste, le chiacchiere con l'amico o la musica che è sempre la stessa, tanto vale non fare niente e rimanere dove si sta, sospendere ogni preoccupazione e pensiero.
Mi piace perdere tempo.




giovedì 23 febbraio 2012

L'orchestra non c'è, nuovo format per l'opera

Il fatto pubblico: Fino al 26 febbraio è in scena il Vault Festival a Londra e tra le opere in cartellone  La Bohème in versione silent opera. L’orchestra dal vivo non c’è: gli spettatori hanno cuffie wireless per ascoltare il mix di musica preregistrata e cantanti dal vivo, in inglese. A ogni cambio di quadro c’è il trasferimento di 120 persone da una sala all’altra, dato che non c’è separazione tra interpreti e spettatori.
"You arrive at the entrance to another world, and are handed a pair of headphones. You step into the world of opera, and experience the highest peaks of emotional storytelling in a unique, personal sound world".

Il fatto privato: Morirei per partecipare, perché di questo si tratta, a questa sperimentazione della giovanissima regista, 23 anni, Daisy Evans. Due le cose che mi attirano: provare la doppia entrata sonora, quella dalle cuffie e quella dal vivo e privare il fastidio o l'armonia, entrare e uscire, anche fisicamente, da una scena a un'altra... Puccini, dicono, non sarebbe stato contento, io apprezzo le messe in scena ardite.

domenica 19 febbraio 2012

A teatro per ascoltare la radio

La locandina dello spettacolo
Il fatto pubblico: Mi porto avanti e segnalo che tra un mese esatto, il 19 marzo, l'audiodramma Parole in cuffia, va a teatro.
Al Teatro 7 di Roma la storia originale a più voci e tanti suoni che ho scritto e diretto qualche anno fa viene ospitata per una serata di ascolto collettivo, rigorosamente al buio.
Lo spettacolo prevede 38 minuti di ascolto per circa un’ora di momenti anche in scena e tra il pubblico. La “voce del lavoro” è il filo rosso che lega fra loro le diverse scene, sorta di coscienza collettiva che provoca o rassicura o indica la strada.

Il fatto privato: Sono indaffarata e curiosa. Preoccupata e desiderosa di far emozionare chi vorrà partecipare a questo esperimento che non funziona solo con le orecchie ma attiva tutti i sensi. Vi aspetto;-)

Info e prenotazioni 
Teatro 7 - via Benevento 23, 00161 Roma
Tel. 06 442.36.382 e-mail: teatro@teatro7.it

Ufficio stampa
PIC, 3292153370
e-mail: paroleincuffia@gmail.com

Trailer
Ascolta il trailer di Parole in cuffia



sabato 18 febbraio 2012

Ne vale davvero la pena?

Dentro quel “ne” metteteci tutti i dubbi, i mal di pancia, la faccia stanca, i no che sono sempre più dei sì, le facce degli altri che spesso rinunciano al posto vostro e vi fanno sentire esageratamente diversi. La domanda me la faccio e la risposta non è sempre certa. Se la fanno anche le donne che ho incontrato questa settimana, fino a oggi pomeriggio. Tutte diverse, tutte più o meno stanche, tutte con un occhio verso il sogno che le lascia sempre un po' inquiete, io dico perennemente innamorate, non solo il giorno di san Valentino. Non credo sia una questione puramente femminile, eppure chi parlava era sempre una signora o una ragazza qualunque e importante come tutte noi.

Vale la pena continuare a fare l'attrice, lasciare la città per risparmiare, rischiare di perdere la faccia?

Vale la pena continuare a difendere sul lavoro il proprio mestiere e anche quello degli altri? Ricordarlo a chi lo dimentica, non lo considera, prova a fare il furbo?

Vale la pena fare la pace? Accettare un invito, passare del tempo insieme, uscire di casa, riprendere la macchina, rifare la spesa? Perdonare e ricominciare? Sentire freddo?

Vale la pena incoraggiare i figli a partire? Vale la pena, per la figlia, scegliere l’Australia dove il marito disoccupato troverà lavoro?

Vale la pena continuare a chiedere “come stai”?

Vale la pena combattere per far restare una piazza lo spazio occupato dalle persone e non dalle cose?

Per i sì che dicono queste donne, altrettanti no scartano e restano leggere. Anche se la busta della spesa pesa, se l'invito non arriva, se fa ancora freddo e il lavoro te lo portano via.



 

giovedì 16 febbraio 2012

L'aspetto social del lavoro

Il fatto pubblico: Ieri si è svolto alla Sapienza di Roma, Dipartimento Comunicazione e Ricerca Sociale, l'incontro Linkedin, che connessione? L’aspetto social del lavoro, dedicato al rapporto tra social network e lavoro, ai modi per farsi trovare in rete e dare alle aziende la corretta immagine di sé. L'incontro è stato aperto dal prof. Mario Morcellini, moderato dal direttore responsabile della testata freepress Walk on Job Cristina Maccarrone e animato dagli interventi del prof Marco Stancati, di Els van der Water - Talent Acquisition Lead & Hr Business Partner di Microsof -, di Silvia Achilli - Hr Specialist di Capgemini - e dal prof. Carlo Magni - coordinatore scientifico di SOUL-Sistema Orientamento Università Lavoro.
Sintetizzo una riflessione: tempo di vita e tempo di lavoro si intrecciano, Linkedin e Facebook coprono ambiti diversi di rappresentazione di sé ma non in conflitto tra loro, il lavoratore è una persona. E il giovane lavoratore non deve essere sfruttato attraverso stage non retribuiti e non qualificanti.

Secondo la ricerca Recruiting & Social Network curata da Lorenzo Pulici, Hr & Communication Specialist, il 37,5% delle imprese utilizza i social network per il recruitment dei candidati secondo una vera e propria policy aziendale, mentre il 73,6% dichiara di avvalersi degli strumenti "social" per le attività di selezione pur senza seguire una procedura aziendale "ufficiale".

Il fatto privato: Sono tornata a via Salaria 113 dopo parecchi anni, pentita di non frequentarla più per convegni e incontri sempre interessanti, seduta di nuovo dove ascoltavo lezioni di editoria e fantasticavo sul futuro. Ho notato che hanno cambiato disposizione dei banchi, dall'ultima volta. Mi sentivo orgogliosa di quello che ho costruito fino a oggi e avrei voluto raccontarlo al prof Morcellini che stava seduto davanti a me, uguale a tredici anni fa, quando in seduta di laurea ragionavamo sui modelli di comunicazione editoriale di Mondadori ed Einaudi, quando imparavamo a navigare in internet e il cellulare pochi lo possedevano.

Prima dei social media, il lavoro attuale di editor e copy in una grande azienda lo devo al mio progetto personale Raccontolavoro, da cui è nato l'attuale Parole in cuffia;-) al passaparola attorno a quel piccolo ma importante sito dedicato proprio al racconto del lavoro, a una breve e scarna mail in cui mi si chiedeva aiuto per scrivere meglio, tanto, in poco tempo. Sono rimasta.

sabato 11 febbraio 2012

Mi piace la neve bianca, il foglio bianco...

A me la neve piace. Quella bianca, prima che diventi sale, incidente, fine.
Quella che segna l’inizio di un altro tempo, senza arbitro se anche i vigili non vanno più in giro e i mezzi di trasporto corrono al riparo.
La neve senza paura, senza litigio, la neve senza alibi che il tempo lo fa ritrovare.
Mi piace scrivere con la neve che cade, dopo che l’ho presa per mano, gustata come ho potuto.

Mi piace la neve bianca, il foglio bianco, lo schermo bianco che aspetta i miei passi. Incerti, senza imbrogli, leggeri per non scivolare e non dover cancellare. Guardare dove si è arrivati e rifare la strada, scattare qualche foto. Portare con sé risate, sguardi e discorsi degli incontri: la riunione al lavoro, i ragazzi sul tram, l’abbraccio che mi fa sciogliere, la colazione con un’amica, l’attesa della neve.

Devo aggiungerla alla lista dei “mi piace”, come ho potuto dimenticare?
Solo perché cade una volta ogni tanto a Roma non vuol dire che non mi piaccia e che non la sappia riconoscere. Solo perché non imbratto ancora le pareti bianche di casa non è detto che non possa farlo. Correre su un foglio e sulla tastiera del mio mac, bianco anche lui, mi piace come correre sul prato che cambia colore e diventa pericoloso, affascinante. 

La tentazione di uscire ancora per stare in mezzo ai fiocchi, infinitamente grata di poterlo raccontare.

"Ogni persona doveva avere un suo fiocco di neve, in cui c’era la mappa interna della sua vita. […] Secondo Ka, dietro alla vita di tutti c’erano una mappa e un fiocco di neve di questo tipo, e il fatto che le persone che da lontano si somigliano siano in realtà tanto diverse, strane e incomprensibili, si poteva dimostrare facendo l’analisi del fiocco di neve di ognuno". (tratto da Ohran Pamuk, Neve)

venerdì 10 febbraio 2012

Se i posti non sono tutti uguali

Il fatto pubblico: Riporto questa parte di articolo di Michele Fusco Cari italiani, vi piace essere moralisti, ma in questi 50 anni dov'eravate? pubblicato su Linkiesta.it
"Viene in mente, giusto per sorriderne un po’, quel memorabile episodio raccontato da Carlo Verdone e che riguardava papà Mario, grande professore universitario e critico cinematografico. Il giovane Carlo era alunno di Mario e a casa, la sera prima di un esame, si rivolse al padre chiedendogli quel filo di comprensione paterna che lo avrebbe portato a passare indenne lo scoglio familiare. «Pa’, mi raccomando, Bergman e Fellini», gli disse, fidando che l’indomani il sangue del suo sangue non lo avrebbe mai tradito. Infatti. «Mi parli di…» e lì, di fronte a un’aula gremita di studenti, il professor Verdone pronunciò il nome di un impronunciabile autore tedesco. Carlo cominciò a impallidire, salivazione azzerata, neppure una parola sull’argomento, praticamente scena muta. «Guardi, è meglio che torni a ottobre». «Papà, ma mi bocci?» «Mi dia del lei. Ora vada». Carlo si alzò e con lui tutti gli altri studenti, consapevoli che se aveva bocciato il figlio, il grande professor Verdone non avrebbe avuto pietà di nessuno". Il caso Fornero da un altro punto di vista.

Il fatto privato: Sono d'accordo con l'impostazione generale di Michele Fusco: dov'erano gli italiani (io giocavo con carta e casette, leggasi bambole) quando occupavano o facevano occupare ai loro figli qualche posto fisso, ostacolando pari opportunità per tutti, di fatto minando alla base la moralità di un sistema sociale che oggi traballa nell'equilibrio interno, colpito dalla crisi esterna? Ben venga l'indignazione, anche se tardiva, anche se dovrebbe cominciare dalle situazione più vicine a noi e già conosciute. Anche se qui non c'entra niente.
Per inciso, la monotonia non mi piace, la precarietà neanche. La flessibilità di un sistema con garanzie sì, il merito in entrata e in corso carriera anche di più.

mercoledì 8 febbraio 2012

I suoni del quartiere

Il fatto pubblico: Prima i suoni, poi l'animazione. Prima registro la realtà - i passi di un uomo, la voce di una donna, il rumore della sala - poi ci faccio la musica poi ancora creo le figure. Che significa? Di cosa si tratta? Andrea Martignoni e Roberto Paganelli dell'associazione Ottomani di Bologna hanno organizzato a gennaio a Roma un laboratorio creativo per costruire un corto documentario di animazione. I suoni sono quelli del quartiere di San Lorenzo a Roma e dell'ex cinema Palazzo occupato, dove si svolgeva il laboratorio.

Il fatto privato: Ogni quartiere racconta una storia, la cambia ogni giorno e noi ci siamo dentro anche se non ce ne accorgiamo. Quello da cui vengo io è fatto di voci di ragazzi "fuori sede", a Roma per studiare all'università, e di silenzi di famiglie vecchie e ricche. E' anche fatto di amiche che cercano di far ripartire il motorino di un tempo che col gelo si è fermato per sempre. Il nuovo quartiere è fatto di "ciao" che non sono il motorino di un tempo ma i saluti dei vicini di casa e dei negozianti affettuosi (sì, è possibile anche in una grande città e senza secondi fini). Solo uno fra questi il registratore di cassa non lo usa mai: non sappiamo il suono che fa, immagino che se un giorno verrà usato sarà un boato che scioglierà il gelo e anche i silenzi.

sabato 4 febbraio 2012

Il valore della presenza

L'albero vicino casa
Il fatto pubblico: L'Italia e non solo è al freddo e al gelo, come Gesù Bambino anche se non è Natale.
Come in quella notte, in questi giorni si consumano folli gesti e scoppiano bombe. E poi si recitano preghiere. Sì, anche quelle, soprattutto quelle per i folli gesti e per le bombe che scoppiano. Segno di una presenza silenziosa in mezzo al chiasso. Come è la neve che tutto copre e resta immobile.

"Per la preghiera ho avuto un grosso guru. Era un pastore tedesco che si chiamava Lea e veniva da me e si metteva lì per ore davanti e stava lì così, contento di essere lì. Così la preghiera è lo star davanti a Dio come il mio cane stava davanti a me: contento di essere lì. La preghiera è il cuore che ama, qualunque cosa faccia, anche se sta pulendo i pavimenti, se sta lavorando, se sta studiando, se incontra uno che scoccia", dice il gesuita Silvano Fausti.

Il fatto privato: La neve che ha fatto impazzire non pochi romani, me compresa, mi piace e mi dà pace. Mi sembra che riesca a fermare il tempo e a dargli l'altra dimensione, lo spazio, forse perché costringe a camminare più lentamente, a restare, ad amare. Come la preghiera.

giovedì 2 febbraio 2012

Le possibilità di una poesia

Il fatto pubblico: Ieri è morta la poetessa polacca Wislawa Szymborska, premio Nobel per la letteratura nel 1996, capace di sognare e farci sognare sopra qualsiasi oggetto, fatto, persona del quotidiano. Perfino una cipolla, un curriculum, un granello di sabbia.

Il fatto privato:
La poesia Scrivere un curriculum la trovate nella pagina di Linkiesta.it che ho linkato sopra, quella di cui ripeto a volte alcune righe sparse, quelle che preferisco e che mi corrispondono, è invece Possibilità:

Preferisco il colore verde.
Preferisco le eccezioni.
Preferisco uscire prima.
Preferisco in amore gli anniversari non tondi,
da festeggiare ogni giorno.
Preferisco avere delle riserve.
Preferisco l'inferno del caos all'inferno dell'ordine.
Preferisco le favole dei Grimm alle prime pagine.

Preferisco il ridicolo di scrivere poesie 
al ridicolo di non scriverne.

mercoledì 1 febbraio 2012

Che musica ti suona dentro?

Il fatto pubblico: E' una internet radio "emozionale", in cui la musica si sceglie in base ai propri stati d'animo. Offre una selezione musicale con circa 50mila brani provenienti da blog internazionali e playlist "mood oriented", in cui ogni traccia è etichettata secondo umori ed emozioni. Si chiama Stereomood.

Il fatto privato: La cosa che mi stuzzica di Stereomood sono in realtà due. La prima ha a che fare col dominio .it, che si spiega perché la radio è italiana, fatto non da poco. Per l'esattezza nasce a Roma nel 2008 a opera di Daniele Novaga, Eleonora Viviani, Giovanni Ferron, Maurizio Pratici e altri.
La seconda riguarda la nuvola di stati d'animo tra cui scegliere per ascoltare fuori quello che si sta sentendo dentro. Mentre scrivo questo post, ho cliccato su "dreamy" perché oggi e ora mi sento animo sognatore e dalla "dreamy playlist" sto ascoltando Ollie falls asleep dei Berlinist... Ah, Ollie è un cane. Buona notte e buon ascolto;-)