lunedì 27 ottobre 2014

Una mostra da ascoltare al Maxxi di Roma


Ieri pomeriggio sono andata al Maxxi per ascoltare la mostra Open Museum Open City. Eh già, perché il museo si è svuotato di altre opere per lasciare spazio ai soli suoni, cioè alle installazioni che li facevano vibrare tra le sale. Eppure a me non ha dato il senso del vuoto, semmai del pieno: solo ora che ne scrivo penso che ho visto poco a fronte di una ricca esperienza uditiva domenicale che inizia già da fuori.


Si sentono martelli battenti, tracce audio che si sovrappongono - sono ben 47 e dentro c'è il lavoro degli scalpellini così come i colpi secchi di martello e scalpello -, s’intuisce uno spazio e un tempo lontani che ti entrano nelle orecchie. E’ Doing, di Lara Favaretto, omaggio al lavoro operaio, di fatica e ripetitivo, ti piace e ti disturba. Ma il suono all’ingresso è anche quello dell’acqua in Sonica Mappings, di Bill Fontana, che ha raccolto i suoni dell’Acquadetto Vergine a Roma e che apre il museo alla città che lo ospita.

La mostra è organizzata per temi a più livelli, alterna le chiacchiere di quartiere ai suoni di una rivolta in piazza, alla scomposizione di una melodia nota. Non sono brava a scrivere quello che ho sentito... Open Museum Open City merita una visita, anzi un'immersione sonora.




sabato 4 ottobre 2014

Tre però per il prof De Masi

Renzi oggi dichiarava "c'è da riparare il mondo del lavoro", ieri io finivo di leggere Il futuro del lavoro, saggio del sociologo Domenico De Masi del 1999.

E la premessa De Masi la mette alla fine:

"Questo libro, che tratta di lavoro organizzato, nasce dal mio odio per la fatica fisica o intellettuale che sia, dalla mia insofferenza per le organizzazioni piramidali e per i capi di qualsiasi genere, dalla mia frustrata aspirazione all'ozio".

E noi l'avevamo capito, prof De Masi, e siamo pure con lei. Però. Però qui non si vive ancora il tempo liberato dal lavoro di cui lei individua i tratti principali in questa nostra società postindustriale, la fatica c'è eccome ed è sia fisica sia intellettuale, quando il tempo è tanto coincide con la disoccupazione che non fa piacere e non spinge alla creatività, tempo di lavoro e tempo di non lavoro non coincidono nella testa e nelle organizzazioni di cui facciamo parte, alcuni di noi almeno, tanti altri il tema non lo sentono proprio.

Però. Però io voglio crederle e metterò alla prova le mentalità vecchie con le possibilità nuove offerte da questi nostri tempi incerti, voglio rischiare di fraintendere lavoro e ozio, di non distinguerli più, di lavorare e giocare insieme, lo sto già facendo. Di celebrare riti in cui resto consapevole e che scelgo liberamente, per esempio la mensa aziendale tutti insieme alla stessa ora.

Però. La invito allora a prendere con me e con centinaia di altre persone la metropolitana di Roma alle 8.00 di mattina e a chiedere a tutti se quel giorno in cui noi due sceglieremo di andare avrebbero potuto lavorare da casa liberando tempo, ossigeno, ingegno dalle loro teste, computer, organizzazioni. E' solo un esempio.