lunedì 10 novembre 2014

Elogio (funebre) di un albero


Sabato mattina ero all’Alberone, quartiere a sud est di Roma, dove fino al giorno prima, il 7 novembre, a via Gino Capponi angolo via Appia Nuova, c’era un grande albero a fare ombra e da punto di riferimento di tutta la zona. Era stato piantato nel 1986 in sostituzione di quello storico che aveva dato il nome al quartiere. Sotto la pioggia battente il grande leccio non ce l’ha fatta, sono rimaste le radici ad ancorarlo a terra, il tronco s’è aperto, la chioma è finita giù e ha fatto pure male ai passanti.

Insomma, sabato mattina ho visto quello che è rimasto, un tronco segato, fa impressione. La cosa più impressionante, però, sono stati gli abitanti del quartiere che, ancora una volta, si sono ritrovati a chiacchierare sotto l’ombra che non c’è più a parlare di lui, dell’albero, dei suoi odori e della sua forza: sembrava l’elogio funebre per l’amico scomparso anzitempo, quello che segna l’infanzia e c’accompagna in ogni altra stagione di vita.


Nel quartiere "Alberone" (Appio Latino), Roma
Ho chiacchierato anche io con loro, prima a bassa voce, per non disturbare un ambiente che non conosco, le loro confidenze, poi sfacciatamente tirando fuori il cellulare con l’auricolare: in diretta per la trasmissione radiofonica Roma… ti amo!, su Radio Città Futura, ho conosciuto il barista Luciano, “la signora che capava i fagiolini”, Mario l’escursionista e quelli che erano seduti accanto a lui, tutti innamorati del loro quartiere e dell’albero che non c’è più ma che vogliono sia ripiantato e soprattutto conservato in vita, stavolta. Tutti ci hanno invitato a rimanere, parlare, scoprire pezzi di Roma che va al mercato, si gode di nuovo il sole, chiede alla badante di dare due spicci all’artista di strada e alla giornalista di tornare a fare due chiacchiere perché è bello. Grazie.

Qui l’audio delle “quick chat” prima delle interviste al mercato e al bar.

“Ogni volta che si entra nella piazza, ci si trova in mezzo a un dialogo”
Italo Calvino, Le città invisibili


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