lunedì 28 marzo 2016

I mal di pancia che sconquassano il mondo

Nel giorno di Pasquetta, complice la calma tutt'intorno e il tempo incerto che invita a riflettere su dove andare piuttosto che andare e basta, faccio il gatto sul divano e sbircio Facebook pigramente.
Rintraccio un post che rinvia alle parole di Paola Mastrocola sul Sole 24 Ore:

Due bacchette magiche

"Difficile incontrare qualcuno che si stacchi dal pensiero comune e pensi per conto suo, prendendosi l’onere (ma anche la felicità) di avere pensieri solo suoi. Il prezzo è troppo alto: essere esclusi, trascurati, sentirsi soli. Nessuno vuol sentirsi solo, oggi che la parola chiave è gruppo, condivisione.
Un’amica psicologa mi ha parlato degli esperimenti sul conformismo di Solomon Asch, che non conoscevo. Quel che ho capito è questo: si mostrano a un gruppo di dieci persone due bacchette, una per esempio di quindici centimetri e una di diciotto, e si chiede qual è la più lunga. Di questo gruppo di persone, solo una è quella che deve essere esaminata, le altre nove sono d’accordo a mentire e dicono che le due bacchette sono lunghe uguali. Ebbene, la decima persona dirà lo stesso.
Chissà quali sconvolgimenti mentali abiteranno nella sua mente in quel momento: è evidente che una bacchetta è più lunga dell’altra, ne è sicuro, dovrebbe dirlo. Eppure, siccome tutti dicono il contrario, anche quella persona non avrà nessuna esitazione a dire il contrario. Come gli altri. Per uniformarsi agli altri (portare l’uniforme!).
La realtà, i dati oggettivi vanno a pallino. Figuriamoci il nostro personale punto di vista, il nostro particolare e originale pensiero!
Teniamo così tanto a essere inclusi, a sentirci parte del gruppo, che rinneghiamo l’evidenza, anche un’evidenza così eclatante. Figuriamoci se non rinneghiamo noi stessi!
Siamo ai soliti vestiti dell’Imperatore. Se i sudditi dicono che il re non è nudo, non lo è, e non ha più importanza che lo sia.
Ma almeno lì c’era l’Imperatore, era una questione di potere, di favori. Forse anche di paura. Qui invece c’è solo il gruppo, l’ammasso indistinguibile di persone come noi: è soltanto di loro che c’importa, oggi, è al loro parere e alla loro approvazione che teniamo".

Allora mi vengono in mente le parole che più di tutte sento ripetere in azienda e in molti gruppi di lavoro a cui partecipo: inclusione, integrazione, collaborazione. ... Con le finali uguali, dove l'assonanza vince, come siamo messi con le iniziali? Cioè, qual è l'intento che non possiamo tradire, a rischio di innamorarci delle parole senza pesare il rischio che portano con sé? 

E il rischio più grande è il livellamento del pensiero, la paura di non essere accettati, il silenzio quanto tutti tacciono o il chiasso quando tutti manifestano: non è il ritratto solo di adolescenti in cerca della propria identità, è quello di adulti nell'assemblea condominiale come sul posto di lavoro, all'interno di comunità che per essere veramente tali devono poter permettere a tutti di formare ed esprimere liberamente se stessi in relazione con gli altri. Coraggio! Si collabora a un progetto pensando con la propria testa e mettendo a disposizione le proprie esperienze, cambiando e impastando insieme i punti di vista. Si decide se tenere o meno il portierato ascoltando i pro e i contro quotidiani di tutti i condomini - fatevi una scaletta per arrivare al punto e non fare notte. 

Guai al pensiero unico, più veloce e sbrigativo, ma che porta ai mal di pancia che sconquassano il mondo.