venerdì 26 agosto 2016

La "matriciana" e le vacanze familiari

La "matriciana", mi sbagliavo sempre, da piccola, la chiamavo così. E i miei genitori mi correggevano, a tavola e sulla scrivania. E mio padre mi spiegava che il piatto di spaghetti che mi piaceva tanto veniva da un paese non lontano da Roma ma neanche vicino, un paese in provincia di Rieti così vicino all'Abruzzo che fino al 1927 ne faceva parte. Con gente ospitale, da visitare come tanti sull'Appennino.

"Perché non ci andate in gita?" Suggeriva sempre mio padre ai tempi di scuola e io lo prendevo in giro, perché i nomi e i desideri dei primi viaggi erano Firenze e Venezia, Praga e Parigi: volevamo espanderci, superare i confini, rimanere in città. Amatrice, questo il nome del paese delle nostre conversazioni, era troppo vicino, troppo popolare, troppo da vacanza dai nonni. Troppo poco.

E infatti non ci siamo andati, io non ci sono mai stata, ad Amatrice. E raddoppio lo stato in luogo apposta, per dire quanto sia stata stupida e colpevole di ignoranza, ferma a pregiudizi e alla ricerca di posti lontani, non italiani, non familiari. Ferma da 20 anni.

Sono 20 anni che non torno nelle case dei nonni, in Umbria e nell'alto Lazio, le case di montagna che il 24 agosto hanno "ballato" sopra i sussulti del terremoto ma che hanno retto, avvezze ai movimenti e alla storia e agli errori del passato pure se i segni si vedono tutti.

20 anni che faccio vacanze familiari a singhiozzo, col contagocce o trovate altre frasi fatte per dire insomma che le evito, forse perché le case che le ospitano sono diventate troppo grandi per una famiglia che si è ristretta nel tempo.

Eppure non riesco a smettere di pensare ai molti che sono andati a trovare i parenti questa estate ad Amatrice e nei paesi vicini. Che avevano deciso di fare le vacanze familiari nelle case dei nonni, con i soliti quadri appesi alle pareti, i fiori finti, i piatti tipici, le processioni di Ferragosto, i fuochi d'artificio e la banda. Insomma, le certezze.

Mi porto un cumulo di ricordi e vedo in televisione un cumulo di macerie. Le sento addosso. Forse sto invecchiando, forse il racconto dei media è riuscito nell'intento, sta di fatto che a quelle case di quel paese che non ho conosciuto - finora - io mi sento legata. Ricomincerò a scoprire quelle di famiglia, a preparare valigie leggere non per l'imbarco in aereo ma per viaggi in macchina con sosta al primo autogrill, semplicemente a stare vicino.






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