domenica 18 settembre 2016

Al MACRO di via Nizza a Roma perdi e guadagni tempo

Se a Roma il tempo è incerto vale la pena rischiare e camminare guardando all'insù oppure scegliere da subito un posto al chiuso ma che permetta, in qualche modo e in modo originale, di farci uscire se possibile e se ci va.

Uno di questi posti è il MACRO a via Nizza, il Museo d'Arte Contemporanea che di domenica soprattutto rende la mia città più europea, più semplice da girare, direi perfino organizzata e profumata. Non è un elogio al museo in sé ma al tempo lento che richiede visitare un luogo e una mostra e immaginare... altri giorni.

Fino al 27 novembre, a proposito di giorni, è in mostra Roma Pop City 60-67: dipinti, sculture, fotografie, installazioni e video degli artisti della cosiddetta "Scuola di piazza del Popolo". Ne conoscevo alcuni, come Mimmo Rotella, Mario Schifano, ignoravo Mario Ceroli e Tano Festa, per dirne alcuni. "Ignorantella in libertà", pronta però a scoprire e a tentare di fermare emozioni e pensieri.

Tano Festa, Armadio con cielo, 1964
Mi sarei portata a casa Armadio con cielo, di Tano Festa, per dirne una.

Così grata a chi ha conosciuto la città degli anni Sessanta e l'ha trasformata in arte, arte popolare, "pop" appunto, fotografando e rielaborando cartelli stradali, biglietti dell'autobus, cemento armato e ferraglia.

E poi sono entrata nella "stanza del tempo" e lì mi sono persa.
Mostra nella mostra, più di una stanza, in realtà, al primo piano del museo, è dedicata al tempo indagato da molti artisti.

Due opere mi hanno colpito più di tutte, forse perché tutte e due hanno a che fare con la carta e hanno risvegliato la nativa analogica che vive digitale, che sono io.

La prima opera è Sono stata io. Diario 1900-1999, di Daniela Comani, che racconta il XX secolo riportando una serie di date e fatti battuti a macchina e in prima persona, da cui il titolo dell'opera. Emozionante.

Daniela Comani, Sono stata io. Diario 1900-1999


Il gioco che si può fare qui è doppio, trovare la data del proprio compleanno e scoprire "dov'eri" nella storia quel giorno e cosa hai fatto. Oppure, leggere ad alta voce, un visitatore dopo l'altro tutto il muro che ospita l'opera: ne esce una storia collettiva in cui ognuno ha fatto la propria parte, buona o cattiva senza giudizio.

Non ho potuto evitare di fare un selfie, forse uno dei pochi che ho, in mezzo alle parole e ai numeri e alla storia.



Chiara Camoni, Dieci Giorni, 2003-2016
L'altra opera è di Chiara Camoni, Dieci Giorni. Si tratta di una performance in cui l'artista invita i visitatori ad accettare un suo personalissimo dono, quello dei 10 giorni cancellati dalla Riforma del calendario gregoriano, trovati e da restituire. Un gesto simbolico, certo, che lega artista "in remoto" e visitatore in sala, spezza ancora una volta il tempo e proprio col tempo fa il regalo che tutti abbiamo accettato con gioia, dieci giorni usciti dal conto della storia, quasi un'altra rivoluzione copernicana. "Ho in mano un pezzo di tempo", dice l'artista nelle scritte a parete, e io sono uscita dal museo con il foglio che certifica il dono più caro.

Ah, al MACRO c'è anche Kentridge, Triumphs and Laments, ossia i bozzetti che ammiriamo lungo il Tevere, tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini. Ma questa è un'altra storia.